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Ungheria e Russia: da Orban una lezione di sovranità

2/18/2015

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Budapest, 18 feb – Il primo ministro ungherese Viktor Orban e il presidente russo Vladimir Putin si sono incontrati ieri a Budapest per un importante vertice finalizzato alla chiusura di accordi commerciali e industriali, tra cui l’assistenza russa alla modernizzazione dell’unica centrale nucleare ungherese e la partnership nel settore del gas naturale. Mosca è il primo partner commerciale dell’Ungheria al di fuori dell’Unione europea.
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Partendo dalla fine, un sicuro segnale della rilevanza degli accordi sul gas, solo in parte svelati, consiste nella reazione del commissario per l’energia della Ue, Maros Sefcovic, che si è lamentato dell’esclusione della Commissione dalla squadra negoziale, adducendo possibili violazioni delle regole della concorrenza. Per inciso, il medesimo pretesto – quello delle regole sulla concorrenza – utilizzato dalla Commissione stessa per far fallire nel dicembre scorso, su pressione d’oltreoceano, il grande progetto delgasdotto South Stream.


Turkish Stream
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La mossa di 
Orban può allora interpretarsi come una risposta rapida e pragmatica alle prospettive da vera emergenza in merito agli approvvigionamenti di gas almeno per l’Europa centro-meridionale, dal momento che Mosca ha deciso circa un mese fa di reindirizzare esattamente tutta la prevista capacità del South Stream verso un nuovo gasdotto, il “Turkish Stream” che collegherà la Russia alla Turchia con terminale prossimo al confine greco, lasciando agli europei l’onere di realizzare le eventuali infrastrutture di collegamento.


È innanzi tutto nell’ingegneria e nella costruzione del tratto sotto il Mar Nero del Turk Stream che i due leader avrebbero concordato di utilizzare la joint venture russo-magiara già costituita in funzione del South Stream, di fatto soppiantando la nostra 
Saipem, già esclusa con il fallimento del precedente progetto.

Inoltre, pare che Orban abbia cercato l’appoggio della Russia per sviluppare l’ambizioso progetto di connessione del terminale del nuovo gasdotto dal confine greco all’Ungheria stessa, passando per la Grecia, la Macedonia e la Serbia, tutti stati le cui relazioni con Mosca sono poco o per niente influenzate dall’euroburocrazia.

Infine, avrebbe avuto un ruolo centrale la questione degli stoccaggi del gas russo, attualmente dislocati in massima parte in Ucraina, di cui potrebbe farsi molto volentieri carico l’Ungheria una volta realizzata la predetta connessione al Turkish Stream, trasformandosi in un “hub” del gas con conseguenti diritti commerciali e potere negoziale, probabilmente anche nei confronti della stessa Italia, oltre che di paesi come Bulgaria, Romania, Slovenia, Croazia, e in misura minore della Slovacchia, della Repubblica Ceca e dell’Austria.

Grado di dipendenza dal gas russo
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E pensare che, in fondo, anche Orban – sebbene critico – ha votato le sanzioni alla Russia in relazione alla crisi ucraina, probabilmente per non alienarsi completamente i partner europei, ma come si vede quando si tratta degli interessi congiunti di due paesi sovrani non ci sono risentimenti che tengano. In questo senso, gli interessi dell’Ungheria sono evidenti,dipendendo per quasi il 45% dal gas russo. Per l’Italia, la misura della stessa dipendenza è dell’ordine del 30% ma in crescita in ragione delcrollo delle importazioni della Libia.


Nel corso della conferenza stampa al termine del vertice di Budapest, il primo ministro ungherese ha dichiarato che l’economia europea non sarà mai competitiva senza la Russia, e che sia l’Ungheria che la Russia hanno bisogno l’una dell’altra per assicurare forniture e trasporto stabili del gas: “Ho chiaramente affermato che l’Ungheria ha bisogno della Russia. Per noi ungheresi è importante che la Russia sia aperta ai prodotti ungheresi. E l’Ungheria è interessata a ottenere forniture energetiche affidabili dalla Russia”. Orban ha poi aggiunto di essere “personalmente sicuro che la cooperazione e le buone relazioni servano gli interessi non solo dell’Ungheria, ma anche dell’intera Europa”, sostenendo che l’isolamento della Russia è semplicemente “impossibile”.

Tornando sulle questioni di competitività, per chi non l’avesse ancora chiaro Orban ha ricordato che “chi crede che l’economia europea sarà competitiva senza la cooperazione con la Russia e chi pensa che la sicurezza energetica possa essere garantita in Europa senza le forniture dalla Russia sta solo coltivando illusioni”, augurandosi quindi un pronto ristabilimento di normai relazioni commerciali, con evidente riferimento alle sanzioni e alla relativa risposta del Cremlino.

Putin da parte sua ha ricordato che il ruolo dell’Ungheria come paese di transito del gas non è diminuito con la cancellazione del South Stream: “Sfortunatamente, abbiamo dovuto cancellare il progetto del gasdotto South Stream, ma credo che l’esperienza che abbiamo costruito insieme con i partner ungheresi, e le relative joint venture, possa essere utilizzata anche insieme ai nostri amici turchi rispetto alla realizzazione del Turkish Stream”, aggiungendo che “sono sul tavolo diverse opzioni, e siamo pronti a discuterne con chiunque sia interessato alla cooperazione”.

Un interesse, questo, ribadito a chiare lettere da Orban, non solo per quanto riguarda il tratto sottomarino del Mar Nero, ma anche l’estensione attraverso la Grecia e i Balcani fino all’Ungheria.

I due leader hanno infine concordato i termini generali delle forniture di gas dopo il 2015, legando le facilitazioni commerciali anche all’impegno da parte ungherese a costituire importanti sistemi di stoccaggio, come ha ripetuto lo stesso Putin al termine dell’incontro.

Grado di dipendenza energetica complessiva

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Dall’Italia, avremmo certamente preferito vedere il nostro presidente del consiglio al posto di Orban, prima di tutto per ragioni molto pragmatiche, tra cui ladipendenza energetica complessiva dell’Italiadall’estero, che è superiore al 75%, almeno 10 punti in più rispetto a quella ungherese, i danni miliardari all’ingegneria nazionale del settore oil & gas dovute sia alla cancellazione del South Stream sia al conflitto libico, e i danni altrettanto importanti al settore agro-alimentare dovuti alle contro-sanzioni della Russia. In secondo luogo, anche per ragioni di orgoglio e sovranità nazionali, concetti che sembrano del tutto estranei almeno agli ultimi tre governi italiani.

Ma si sa, Matteo Renzi
 e la sua sgangherata maggioranza sono impegnati nelle fondamentali riforme istituzionali e i suoi ministri persi nelle polemiche sui calciatori stranieri e – più seriamente ma anche più pericolosamente – nella ricerca tremebonda di una improbabilissima soluzione politica alla crisi libica.


Articoli di Francesco Meneguzzo
Fonte: ilprimatonazionale.it
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2/11/2015

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